Quando d'improvviso a primavera tutto ingiallisce -parte prima-

La vita frenetica che si conduce spesso, troppo spesso, ci rende non più capaci di osservare.....fino a quando un sentito appello, quello del Prof. Fabio Taffetani Ordinario di Botanica sistematica all'Università Politecnica delle Marche, non ci risveglia da una sonnolente ed egoistica indifferenza e ci rende partecipi e coscienti di una realtà non più accettabile, non più sostenibile.
Ci vogliono convincere della indispensabilità ed assoluta validità di certi interventi; ma la tutela dell'ambiente? E la tutela della salute pubblica? E la conservazione della biodiversità? L'Italia non si è assunta l'ambizioso impegno di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010? Tante sono le domande che la lettura del documento solleva.
Il dossier del Prof. F. Taffetani se riferito ad una specifica provincia italiana, quella anconetana, denuncia un comportamento e un modo di pensare dilagante anche in altre aree del territorio italiano, magari proprio vicino alle nostre abitazioni...
Muscosa

PRIMAVERA SILENZIOSA / 1
Ovvero come la Provincia di Ancona sparge insensatamente veleni e morte lungo le strade

Appello di Fabio Taffetani
(Botanico dell’Università Politecnica delle Marche, Ancona)

UNA PRATICA ASSURDA
Sono profondamente indignato, e così tutte le persone con le quali ho avuto occasione di parlarne, per l’arroganza, la superficialità e l’ignoranza dimostrate dalla Provincia di Ancona nel perseguire l’insensato progetto di trattare sistematicamente i bordi stradali con diserbante.
Sembra proprio che, 50 anni dopo la pubblicazione di Primavera silenziosa, la maledizione della pazzia autodistruttiva che Rachel Carson presagiva, già all’inizio degli anni sessanta, osservando i primi effetti dell’abuso irrazionale della chimica nelle campagne americane (Silent Spring, 1962), stia giungendo alle sue fasi più preoccupanti anche nella nostra regione, un territorio che dovrebbe avere cultura, tradizioni, prodotti della terra, paesaggio e ambiente tra le risorse più preziose e condivise.
Ci sono sempre più agricoltori che utilizzano il diserbo anche al di fuori delle aree coltivate, ma anche semplici cittadini che irrorano le fasce erbose sotto casa con erbicidi per evitare lo sviluppo delle erbe infestanti. La pratica del diserbo nata per il controllo delle commensali in agricoltura, erroneamente considerata come alternativa allo sfalcio, viene ora proposta dall’Amministrazione Provinciale di Ancona, sostenuta dalle industrie chimiche che producono il diserbante più aggressivo e meno selettivo oggi sul mercato (il glyphosate), per il “decoro” delle strade pubbliche e con la scusa di combattere le allergie da polline (in realtà, anziché ridurre le fonti di produzione di polline, se ne determina un aumento significativo con la proliferazione delle graminacee, oltre alla nebulizzazione nell’aria di principi chimici tossici anche in aree urbanizzate e ad alta intensità di traffico), ben sapendo che, una volta effettuato il primo trattamento, si dovrà continuare anche negli anni successivi per evitare la proliferazione delle erbe più aggressive, libere di espandersi, in seguito alla scomparsa della vegetazione che presidiava il terreno.
Un istrice travolto lungo la Direttissima del Conero sullo sfondo di una fascia erbosa appena sottoposta al diserbo: l’animale, ucciso da un’auto e non dal glifosate, è tuttavia un simbolo della morte gratuita distribuita con la partecipazione attiva della Provincia di Ancona che, anziché favorire il mantenimento e la crescita della naturalità di strade e corsi d’acqua, ne determina, con l’uso indiscriminato e gratuito del diserbo, l’alterazione e la perdita di biodiversità (aprile 2010).

“C’era una volta una città nel cuore dell’America dove tutta la vita sembrava scorrere in armonia con il paesaggio circostante … d’improvviso un influsso maligno colpì l’intera zona, ed ogni cosa cominciò cambiare … dappertutto aleggiava l’ombra della morte … giunse per i meli la stagione della fioritura, ma le api non danzavano più fra le corolle; non vi fu quindi impollinazione e non si ebbero frutti … i bordi delle strade, prima tanto attraenti, erano adesso fiancheggiati da una vegetazione così brulla ed appassita che sembrava devastata da un incendio … nessuna magia, nessuna azione nemica aveva arrestato il risorgere di una nuova vita: gli abitanti stessi ne erano colpevoli”.

Brano tratto dal libro Primavera silenziosa nel quale Rachel Carson presagiva le catastrofi ambientali, che abbiamo vissuto negli ultimi decenni, osservando i primi effetti dell’abuso irrazionale della chimica nelle campagne americane.


UNA PROVINCIA FUORI LEGGE
Inaspettatamente, i colori della primavera nell’anconetano quest’anno, anziché il verde brillante ed i vivaci colori delle fioriture, sono marrone, ruggine e arancione (FOTO); la Provincia di Ancona ha infatti iniziato ad applicare interventi estensivi e sistematici di diserbo lungo le strade di sua competenza, tanto che a partire da questa stagione avrà qualche problema a esporre nei cantieri stradali il classico cartello “STIAMO LAVORANDO PER VOI”.
Margine erboso trattato con diserbante sistemico: non c’è alcun beneficio né estetico (solo a guardarlo fa venire l’orticaria, non solo in senso figurato, procurando irritazioni cutanee e altre reazioni allergiche), né beneficio funzionale perché viene eliminata la vegetazione naturale che per vari decenni ha protetto efficacemente il terreno (esponendolo così all’erosione), né tantomeno beneficio economico in quanto c’è comunque la necessità di intervenire con lo sfalcio sia sulla parte non trattata che su quella disseccata, soprattutto dove la vegetazione è già sviluppata al momento del trattamento.
Come si può giustificare infatti il mancato rispetto di criteri elementari di precauzione e di conservazione del patrimonio naturale, oltre che di norme basilari di sicurezza dei cittadini, da parte di un ente pubblico nello svolgimento di un’attività di servizio?


IL GLIFOSATE E’ CERTAMENTE TOSSICO PER LA VITA ACQUATICA
Tra le precauzioni d’uso del diserbante utilizzato (basato sul principio attivo del glyphosate) è infatti tassativamente vietato irrorare i bordi dei corsi d’acqua e delle zone umide a causa della sua accertata tossicità, anche a basse concentrazioni, sugli organismi acquatici. Eppure le pompe di veleno della Provincia non si sono fermate di fronte a canali e collettori (FOTO) posti ai lati delle strade.
Evidenti effetti degli interventi di diserbo sui fossi laterali che drenano la base del versante lungo la strada che dal fondovalle della Vallesina, all’altezza di Jesi, sale verso Mazzangrugno (marzo 2010).

Sui rischi per tutti derivanti dall’uso di fitofarmaci e sui danni che sono stati procurati in tutto il mondo dalla sola multinazionale americana della chimica produttrice del principio attivo glyphosate, è sufficiente la documentazione raccolta dalla giornalista francese Marie-Monique Robin sull’ormai famoso libro “Il mondo secondo Monsanto” (Arianna Editrice, Aprile 2009).

Importanti da conoscere sono anche i risultati di un lavoro di ricerca (Differential Effects of Glyphosate and Roundup on Human Placental Cells and Aromatase. S. Richard, S. Moslemi, H. Sipahutar, N. Benachour, and G.-E. Seralini - Laboratoire de Biochimie et Biologie Moleculaire, USC-INCRA, Université de Caen, Caen, France. Environmental Health Perspectives, Vol. 113/6, June 2005: 716-720) che contraddice la presunta innocuità del diserbante a base di glyphosate del quale riporto una sintesi delle considerazioni conclusive.

"I nostri studi dimostrano che il glyphosate agisce come un distruttore dell’attività della citocromo P450 aromatasi dei mammiferi a concentrazioni 100 volte inferiore a quelle consigliate nell'uso in agricoltura; questo è evidente sulle cellule della placenta umana dopo solo 18 ore, e può anche influenzare l'espressione genica dell’enzima aromatasi. Sembra anche che parzialmente perturbi l'onnipresente reduttasi attività, anche se a concentrazioni più elevate. … Inoltre, a più alte dosi ancora al di sotto della classica diluizione a scopo agricolo, la sua tossicità su cellule della placenta potrebbe indurre alcuni problemi di riproduzione".


LA LEGGE REGIONALE 25/88 VIETA L’USO DI FITOFARMACI NELLE AREE URBANE
Ma, come se non bastassero i gravi motivi sopra riportati, gli irroratori della Provincia non si sono arrestati minimamente alla periferia e neppure all’interno dei centri abitati (FOTO), nonostante una legge regionale faccia espresso divieto di uso di fitofarmaci in ambito urbano (L.R. n. 25 del 1988).
Due immagini esemplificative dei numerosi interventi eseguiti anche all’interno di aree urbane: sopra nei pressi dell’abitato di Sappanico in Comune di Ancona (ma non è stata risparmiata neppure la molto più urbanizzata via Pinocchio-Tevernelle) e sotto nell’area urbana di Filottrano (aprile 2010)

Considerando che gli effetti del trattamento con diserbanti sistemici si manifestano a distanza di qualche giorno, c’è il rischio concreto che, soprattutto lungo le strade di periferia e in quelle meno trafficate, qualcuno raccolga lungo i margini stradali piante spontanee per uso alimentare (come gli asparagi selvatici o le cicoriette spontanee, molto ricercati in questo periodo) senza rendersi conto della contaminazione chimica. La mancanza di qualunque segnalazione degli interventi fino ad oggi eseguiti dalla Provincia di Ancona risulta quindi particolarmente grave e lesiva della sicurezza dei cittadini.
Cartello di avvertimento del Comune di Montecatini Terme, che informa i cittadini del pericolo al quale sono esposti e diffida, non solo di raccogliere, ma anche di toccare le piante per almeno 48 ore. Periodo peraltro spesso insufficiente alla manifestazione dei segni di disseccamento.


I DANNI SUPERANO LARGAMENTE I BENEFICI (AMMESSO CHE CI SIANO)
Occorre precisare peraltro che l’uso estensivo e sistematico del diserbo prevede una lunga serie di controindicazioni, tra le quali:
- mette a rischio la salute degli operatori (che si possono proteggere) e della popolazione (ignari automobilisti, motociclisti, ciclisti, pedoni, raccoglitori, agricoltori, cittadini) nebulizzando un prodotto chimico tossico che agisce a distanza di vari giorni (a secondo della concentrazione può manifestare i suoi effetti a distanza di diversi giorni e permanere nel terreno e sulla vegetazione almeno per una settimana) lungo le strade e negli abitati;
- espone le scarpate sottoposte al diserbo a frane e smottamenti e conseguente elevato rischio di provocare incidenti stradali durante gli eventi piovosi e nelle ore notturne;
- abbassa drasticamente la biodiversità vegetale ed animale e la capacità di autoregolazione dei numerosi habitat seminaturali che garantiscono, oltre ad un aspetto gradevole, la funzionalità e la biodiversità biologica delle scarpate stradali;
- riduce sensibilmente l’assorbimento dell’anidride carbonica e l’abbattimento delle sostanze azotate da parte della copertura vegetale eliminata.

Con quale autorità la Polizia provinciale potrà intervenire nei casi di violazione di queste norme da parte di operatori agricoli o di semplici cittadini quando è la stessa amministrazione a eluderle?

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Posted by muscosa | alle giovedì, aprile 29, 2010 | 2 commenti

Il Lago di Pilato tra storia e leggenda/1

"Un alone di mistero circonda la catena dei Monti Sibillini, un'atmosfera incantata vi si respira. Pizzo del Diavolo, Gola dell'Infernaccio, luoghi dai chiari richiami demoniaci ed infernali, preludio di incontri spaventosi ed orridi. Cima del Redentore, Scoglio del Miracolo, Valle dei Tre Santi, luoghi dai distinti riferimenti mistici e spirituali, testimonianza della timorosa e rispettosa devozione popolare. Ed ancora Monte Sibilla, Grotta delle Fate, Fonte del Guerin Meschino, luoghi mitici e fiabeschi. E' una terra di opposti quella dei Monti Sibillini, una terra popolata da stregoni, fate, negromanti e personaggi misteriosi. E' una terra dove vivo è ancora il mito della Sibilla Appenninica, dove i racconti e le leggende si rincorrono, intrecciandosi con la storia, fino a fondersi con la stessa nella sottile linea di confine tra fantasia e realtà."

E' proprio in questo contesto che si colloca il Lago di Pilato. Situato nel Parco dei Monti Sibillini è l'unico lago naturale della regione Marche e sicuramente uno degli ultimi laghi di origine glaciale rimasti nell'Appennino. A 1949 m di altitudine s.l.m., è collocato in una conca, un circolo glaciale con accumuli morenici segno evidente dei ghiacciai presenti durante l'era del Quaternario. Circondato dalle più alte vette dei Monti Sibillini (Monte Vettore - 2476 m, Punta di Prato Pulito - 2373 m, Cima del Lago - 2422 m, Cima del Redentore - 2448 m, Pizzo del Diavolo - 2410 m) nella stagione del suo massimo invaso è lungo circa 500 m, profondo 15-20 m e largo, nella sua parte centrale, 125-150 m.

Lago di Pilato - Luglio 2006

Le sue origini, come abbiamo già accennato, sono da far risalire a circa un milione di anni fa, quando, durante le ultime glaciazioni (Riss e Wurm), la lenta ma inesorabile azione dei ghiacci ha dato un notevole contributo al modellamento del territorio, creando i tipici profili ad U e i depositi morenici. Ultime tracce dell'antico ghiacciaio sono i nevai semiperenni che circondano il laghetto. Data la presenza, nelle zone circostanti, di conche e fosse carsiche si ritiene che la sua origine sia determinata anche dall'azione carsica, oltre che glaciale. Un tempo di forma ovoidale, oggi assume la caratteristica forma "ad occhiali". D'inverno il lago in pratica non esiste, essendo sostituito da una coltre nevosa, uniforme, della spessore di molti metri.

il Lago di Pilato durante la stagione invernale
Con lo sciogliersi delle nevi, comincia ad apparire il lago che, al momento del massimo invaso, presenta un corpo unico; la lingua morenica è, infatti, in parte sommersa e il laghetto assume la forma precisa di un paio d'occhiali uniti dal sottile ponticello centrale. Col diminuire dell'apporto delle nevi, il livello del lago su abbassa, la morena si scopre sempre più, fino a dividere lo specchio d'acqua in due parti. Tale divisione è più evidente, negli ultimi decenni, a causa del continuo franamento di numerosi detriti provenienti dalle monti circostanti. Inoltre, mancando di immissario il livello delle acque subisce forti oscillazioni estive. L'emissario, invece, è ipogeo. L'unico indizio di questo emissario lo abbiamo in primavera. In questo periodo, ma a volte anche all'inizio dell'estate, è possibile scorgere nei pressi del lago, poco più a valle, la Fonte del Lago, unica fonte di questa valle (oltre alla Fonte Matta ma che essendo "matta" non è sempre presente). Da molti il lago è ritenuto anche la vera sorgente del fiume Aso. Questo fiume mostra il suo corso in superficie solamente da Foce di Montemonaco, per cui si è sempre soliti indicare come questa la sorgente del fiume.
Nella zona circostante le severe condizioni climatiche non permettono la crescita di specie arboree. La vegetazione è quindi costituita da praterie d'altitudine dominate da graminacee quali la sesleria appenninica, la festuca dimorfa e la festuca violacea. Queste praterie si caratterizzano, inoltre, per la presenza di un cospicuo numero di specie floristiche rare ed endemiche, esclusive dei principali rilievi appenninici, come la stella alpina dell'Appennino, il ginepì dell'Appennino, il papavero giallo appenninico e diverse specie di sassifraga.

Stella alpina dell'Appennino - Valle del Lago di Pilato - Luglio 2005
Per quanto riguarda la fauna, invece, troviamo quella tipica degli ambienti di alta montagna. Tra gli uccelli ricordiamo la coturnice, il falco pellegrino, il fringuello alpino, il sardone, il gracchio alpino e quello corallino. E' inoltre presente la vipera dell'Orsini, una vipera quasi innocua che in Italia è presente solo sulle cime più alte dell'Appennino centrale. Il lago ha una notevole ricchezza di zooplancton pelagico. Nel 1953-54, durante una campagna di ricerche idrobiologiche, organizzata dall'istituto di botanica dell'università di Camerino, fu scoperta la presenza, nel lago, di un crostaceo di una nuova specie. Fu chiamato Chirocefalo del Marchesoni (Chirocephallelus Marchesonii) dal nome dello scopritore. Questo piccolo crostaceo (1 cm di lunghezza) vive qui e in nessun altra parte del mondo. I suoi movimenti sono molto lenti, perciò è facile passargli una mano sotto, mentre nuota, e prenderlo nel palmo. Ma questo sarebbe un errore crudele: il Chirocefalo è abituato alla temperatura della sua acqua, appena sopra lo zero, perciò è sufficiente una permanenza di pochi minuti perché l'acqua trattenuta nel palmo si alzi di pochi gradi, e l'animaletto entri in crisi e muoia.

Chirocephallelus Marchesonii - fonte: internet

Nel 1990 esso corse un gravissimo pericolo d'estinzione, quando, a seguito di due estati particolarmente siccitose, il lago si prosciugò. Mentre il livello scendeva inesorabilmente, nella frenesia di voler salvare il Chirocefalo, gli esperti formularono alcune proposte, la più praticabile delle quali sembrava fosse quella di trasportare acqua (anzi, cubetti di ghiaccio) con una spola di elicotteri ed aerei. Provvidenzialmente, il progetto non trovò attuazione, perché la diversa temperatura, e il diverso tasso di acidità che avrebbe avuto la nuova acqua, sarebbero stati fatali per il gamberetto. Il lago, dunque, nell'estate del 1990, si prosciugò, e molti viderò in ciò la fine del Chirocefalo.

Lago di Pilato - Estate 1990
L'inverno del 1991, invece, fu particolarmente generoso in fatto di precipitazioni nevose, tanto che a Castelluccio di Norcia, alle falde del Vettore, venne misurato uno spessore di ben 14 metri! Con il riformarsi del lago, nella primavera successiva, ecco invece il Chirocefalo balzar di nuovo fuori, più vivo e pimpante che mai. Cos'era avvenuto? Semplice: il Chirocefalo era, sì, morto, ma prima di morire aveva deposto le sue uova, le quali, a differenza del suo proprietario, hanno invece una resistenza straordinaria, tanto da poter resistere fino a due anni di siccità, nascoste sotto i sassi del fondo. Con l'arrivo dell'acqua, le uova si erano schiuse e il gamberetto aveva ripreso a dare fascino al laghetto.
Dal 1990 ad oggi si è avuta anche un altra occasione in cui il lago di Pilato rischio di scomparire. Di realmente pericoloso in questi due periodi è stato soprattutto il can-can mediatico sollevato ed alimentato a vario titolo da personaggi pubblici e privati. Il peggio di sé fu dato dai soliti politici ma anche, ahinoi, da qualche personaggio del mondo accademico.Questi "professori" progettarono una successione di vasche in cemento da collocare lungo la valle; grazie al cielo non se ne fece nulla. Che il lago sia destinato a scomparire è fatto certo: si contraggono i ghiacciai delle Alpi, scompaiono quelli periferici, e il lago incomincerà a prosciugarsi sempre più spesso. Perché quando si parla di emissioni inquinanti, effetto serra, ecc. nessuno sembra preoccuparsi salvo poi strillare indecorosamente quando si manifestano i primi effetti?

Entriamo, ora, nelle leggende che permeano questo luogo. Anzi... ve ne parlerò nel prossimo post: Il Lago di Pilato tra storia e leggenda/2! ;)

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Posted by Unknown | alle domenica, aprile 25, 2010 | 6 commenti