Rocchetta, paese fantasma
Rocchetta, ghost town || (c) Nicola Pezzotta |
Vicino Ascoli Piceno, ci sono luoghi dimenticati, immersi nella natura più selvaggia, in cui non è raro incontrare caprioli, cinghiali e (se siete fortunati) anche lupi. Come dico spesso, “ho visto più animali qui che nel Parco dei Monti Sibillini”. Non chiedetemi il perché; forse, essendo questo territorio al confine con il Parco, anche loro, come noi umani, vogliono provare l’ebbrezza di sconfinare, di esplorare luoghi nuovi, anche esponendosi ai rischi che ne consegue. Sta di fatto che girando per questi posti, oltre ai numerosi rapaci, ho incontrato una biscia lunga quasi 2 metri, numerosi scoiattoli, un capriolo e un cinghiale (in spalla ad un cacciatore, però).
I boschi sono fitti e intricati: lecci, querce e castagni sono gli alberi che incontrerete più spesso; nel sottobosco, invece, tra l’interminabile manto giallo-arancio di foglie cadute, le felci sono alte e rigogliose.
Monte Savucco, nei pressi di Rocchetta. Vi faccio notare che le felci, per quanto sono alte si confondono quasi con i rami degli alberi || (c) Nicola Pezzotta |
In questi luoghi vivono
ancora delle piccole comunità; hanno edificato paesini arroccati su speroni di
arenaria, sfruttando ciò che la natura aveva da offrire. Gli edifici sono
costruiti in simbiosi con l’ambiente utilizzando le pareti, i declivi, i
terrazzamenti naturali e sfruttandoli al meglio in un modo che oggi definiremo eco-compatibile.
Vivere qui è possibile, ma con il passare del tempo è risultato sempre più
difficoltoso. Così pian piano le frazioni di Acquasanta si sono andate
spopolandosi fino ad essere abbandonate del tutto. Questo è il caso di
Rocchetta.
Le ultime curve prima di Rocchetta || (c) Nicola Pezzotta |
Per raggiungere questo
paese, se venite da San Benedetto, dovete percorrere la SS4 fino all’uscita di Arli,
poco dopo Ascoli Piceno, ed imboccare la vecchia Via Salaria direzione
Acquasanta Terme. All’altezza della Frazione Corneto, girate a destra per
Tallacano. Qui inizia un lunga salita solitaria immersi nel verde più
lussureggiante tra boschi di querce e castagni. Gli unici frequentatori che
potrete incontrare sono giusto qualche escursionista, cacciatore o raccoglitore
di funghi (o castagne, se è stagione). Dopo circa 5 km da Corneto girate a
destra per Collefalciano. Ora, al prossimo bivio che incontrerete dovete
proseguire ancora a destra (e quindi ignorare l’indicazione per Collefalciano).
La strada, per buona parte è ben messa: per altri 4 km è asfaltata, poi diventa
brecciata. Tutto ad un tratto, dopo una curva a destra, sbuca, appoggiata sulla
roccia di arenaria, ciò che resta di Rocchetta, il “paese verticale” (14 km
dall’uscita di Arli).
Rocchetta come appare oggi, nel 2012 || (c) Nicola Pezzotta |
“L’antico
centro rurale di Rocchetta, totalmente abbandonato dagli anni Settanta, si
compone di varie costruzioni dalle caratteristiche architettoniche uniche. Il
Borgo si sviluppa in altezza, appoggiando le fondamenta sulle molteplici
terrazze naturali di arenaria, pietra tipica di quei luoghi. Le strutture sono
perfettamente integrate con il territorio perché costruite sfruttando il
naturale andamento delle pareti rocciose presenti, che, spesso, fungono da muro
di perimetrazione creando dei suggestivi esempi di case-caverna. In questo modo
i fabbricati, un tempo dimore, botteghe artigiane o stalle, si sposano
armoniosamente con la natura circostante, tanto da disegnare un unico ambiente
dove il confine tra la zona verde di incontaminato e quella “urbanizzata”
sembra quasi non esistere.”
Non sono molte le
notizie che circolano riguardo questo paese. Le sue origini sembrano essere
molto remote. Il suo nome compare nei capitoli dello stato di Ascoli e Norcia
del 7 agosto 1255: Norcia cedeva a favore di Ascoli tutti i diritti che poteva
accampare sul castello di Rocchetta. Poi, in una vertenza del 1356, esposta da
abitanti del borgo contro un tale Fra Marino, si capisce che Rocchetta e
passata da “castello” a “villa”. La Villa dal ‘400 ebbe una crescente fioritura
economica poiché risultava, grazie al suo legame con Farfa, membro del
monastero di S. Salvatore di Rieti e quindi aveva rendite, proventi, emolumenti
e decime. A conferma della ricchezza e del prestigio di Rocchetta nel secolo XV
è presente un documento del catasto ascolano del 1458.
Rocchetta in una mappa del 1647 || (c) Cartografo Blau |
Nel ‘500 il paese entra
a far parte del “Sindacato di Venamartello” e la sua prosperità si evince dalla
presenza di quarantotto fuochi in quanto risulta essere, tra le altre ville, la
più ligia ai doveri fiscali.
Sempre a questo periodo
risale la costruzione della basilica di S. Silvestro, poco fuori l’abitato.
Questa venne innalzata nel 1526, come rivelato dalla data incisa nelle lesene
interne, e venne restaurata nel 1947. Da qui proviene la Madonna di terracotta
(arte abruzzese del XV secolo) ora custodita alla Pinacoteca di Ascoli. Attualmente
è in buone condizioni, ma non è possibile entrare perché le porte sono
sprangate. Dentro l’abitato
era presente un'altra chiesa (non si capisce bene il nome, molti la chiamano di
S. Silvestro confondendola con l’altra) ma è crollata sicuramente pochi anni
fa.
A metà del ‘500,
iniziano i problemi. Il maggiore di questi è la mancanza di una strada
carrozzabile. La questione è documentata in uno scritto ecclesiale del 1571 in
cui il Vescovo Camaiani annota di non aver potuto raggiungere la Villa, e
quindi non aver potuto effettuare la visita pastorale, perché la strada
permetteva solo il viaggio a piedi. Nonostante questo handicap, Rocchetta
detiene per anni il ruolo di borgo principale della zona circostante, dove gli
abitanti dei centri vicini si trovano addirittura la sera per ballare. A questo
va aggiunta una curiosità: per anni Rocchetta era abitata principalmente da
donne, ed è stato un punto focale per lo sviluppo di quella impervia zona
montana.
Veduta di Rocchetta oggi, nel 2012 || (c) Nicola Pezzotta |
Qui sotto vi riporto un
articolo, che parla di Rocchetta, scritto di Giuseppe Fabiani apparso in un settimanale cattolico del
1951.
“Alcune
frazione dell’Acquasantano, come […] Rocchetta, che si trovano in alpestre
località alla sinistra del Tronto, da oltre un anno rifiutano ogni pagamento di
imposte perché si ritengono abbandonate, prive […] di ogni confort moderno:
strada, illuminazione elettrica ed altro. Non è questa la prima volta, e non
sarà l’ultima, [in cui] frazionisti diseredati facciano la voce grossa e si
uniscano per indurre le autorità centrali a ricordarsi di loro e a risolvere
una buona volta urgenti, quanto annosi problemi, sempre promessi (specie in
tempo di elezioni) e mai attuati […]. E’ la sorte, questa delle povere frazioni
di montagna: di essere abbandonate da tutti. Passano i secoli, si succedono
regioni e partiti, ma la storia è sempre quella.
L’episodio
mi fa ricordare altri casi avvenuti quattro secoli fa, negli stessi luoghi.
Rocchetta,
[…] e altri paesi adiacenti, […] da alcuni anni si erano rifiutati di pagare
[le imposte ad Ascoli, da cui dipendevano]; s’ignorano i motivi, ma non saranno
stati sostanzialmente diversi da quelli d’oggi […]. Naturalmente gli uomini di
questo paese si guardavano bene, data la situazione, di affacciarsi in città
perché allora non si andava tanto per il sottile e, a causa delle rappresaglie,
ammesse, praticate e da tutti ritenute legittime, c’era pericolo che un
innocente andasse a finire difilato in gattabuia solo perché di quei luoghi. E
questo capitò proprio ad uno di Rocchetta. Caduto nelle grinfie della Corte, fu
sgnaccato dentro e chi s’è visto s’è visto. I suoi compaesani, considerando che
le cose prendevano una cattiva piega e stanchi del lungo ostracismo dalla
città, cui non potevano accedere “con le loro robecciole per vendere et
comperare secondo li bisogni della vita humana” furono costretti a capitolare.
Scrissero pertanto una lettera “ai magnifici et potenti sig. […] Di Ascoli”,
nella quale si obbligavano di mettersi al più presto in regola col pagamento
delle imposte arretrate, purché fosse liberato l’innocente. Naturalmente non si
impegnavano, né potevano impegnarsi per gli altri paesi ribelli, che sembra
persistettero nel rifiuto. I nostri padri coscritti, memori del vecchio e non
mai obliato adagio “divide et impera” non ebbero difficoltà di accogliere la
supplica con decreto del 21 ottobre 1520, sicuri che dopo Rocchetta, sarebbero
venuti “ad pedes” anche gli altri.
Veduta di Rocchetta oggi, nel 2012 || (c) Nicola Pezzotta |
Non
era trascorso un quarto di secolo che il fatto si ripeteva. Questa volta Ascoli
spedì alcuni commissari con forze ad esigere il pagamento immediato delle
imposte. La cavalcata giunse sul luogo, ma trovò gli uomini di Rocchetta
barricati nelle case e risolutamente decisi a resistere. I commissari allora, vedendosi
in pochi, costrinsero certi Antonio e Battista di Gabriele e Giulio di
Giuliano, egualmente di Rocchetta, a prestar loro aiuto. Questi “obtorto collo”
si piegarono. Ma i compaesani, proprio contro di essi sfogarono il rancore che
sentivano sorgere nel petto e venuti alle mani ammazzarono Antonio e ferirono a
morte Battista e Giulio e alcuni loro parenti. I genitori di queste povere
vittime presentarono nel 1545 al Consiglio una loro petizione, perché, secondo
il consueto, “quelli ch’hanno esposto per amore della città il sangue et la
robba” fossero esentati “di tutte le gravezze e imposizioni ordinarie et
extraordinarie” sia per il presente che per il futuro. La petizione fu accolta.
In tal modo essi riuscirono a raggiungere il loro intento, che era quello di
non pagare le tasse, ma a costo del sangue dei loro figli, uccisi o feriti, addirittura,
dagli stessi compaesani. Così va il mondo… ossia, così andava una volta.
Oggi,
la frazione di Rocchetta, […], ricalca inconsciamente le orme del loro padre.
Corsi e ricorsi storici. Qualcuno, specie dopo questa rievocazione, potrebbe
credere che i montanari di detti luoghi ce l’hanno nel sangue lo spirito di
rivolta contro le autorità. Ma qualche altro, che conosce i luoghi e sa lo
stato di desolazione in cui si trovano, pensa melanconicamente che certi paesi
sono stati abbandonati in ogni secolo da tutti. Di maestri ne son cambiati
parecchi in tutto questo tempo, ma la musica, per essi è rimasta sempre la
medesima.”
Possiamo capire subito
che il paese, a quella data, era ancora abitato, ma aveva evidenti problemi. Dal
‘500 ad oggi, il borgo ha avuto un lento declino; attraverso un lento e
graduale processo di spopolamento, questo paese è rimasto, alla fine,
totalmente disabitato, soprattutto a seguito della grande migrazione che ha
interessato i piccoli centri montani dalla fine degli anni ’50.
Porta verso l'infinito || (c) Nicola Pezzotta |
E’ da un po’ di tempo
che si parla di recuperare il borgo; girando per i sentieri si notano diversi
tentativi, ma gli edifici continuano a crollare. Se un giorno qualcuno deciderà
di farlo rinascere, spero che sia ristrutturato come avrebbero fatto gli
antichi abitanti di Rocchetta, cioè in armonia con la natura, senza aggredire
il territorio.
Fonti:
Monte Ceresa, guida escursionistica con itinerari di mountain bike - CAI Ascoli Piceno, Provincia Ascoli Piceno, Fondazione Cassa di Risparmio Ascoli Piceno - Anno 2005 | Flash, Enciclopedia Picena, Itinerari nell'ascolano - Mario Stipa - n°256, pg.13, anno 1999 | Il nuovo piceno, settimanale cattolico - Corsi e
ricorsi: triste sorte delle povere frazioni di montagna; Tallacano, Rocchetta
e altri paesi sulla sinistra del Tronto; la storia si ripete; sangue nel sec.
16.; la musica e sempre quella - Giuseppe Fabiani - n°9, pg.4, anno 1951 | Borgorocchetta.com (sito).
2 commenti:
E' veramente brutto vedere posti così incantevoli completamente abbandonati speriamo nel recupero ma se succede come dalle nostre parti quando recuperano certi borghi stravolgono l'ambiente e lo rendono quasi sempre inaccessibile e riservato a pochi.
Buona serata
Appena sono arrivato lì, mi sono chiesto: "ma come si può vivere qui?". E' talmente lontano da tutto.. si potrebbe vivere solo di ciò che ti dà la montagna, secondo me. Sta di fatto che andrebbe recuperato; oramai le case rimaste in piedi sono davvero poche!
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